Nonostante la Costituzione e, nello specifico, lo Statuto dei Lavoratori vietino qualsiasi discriminazione tra uomo e donna, nella vita comunitaria come in quella lavorativa, nella realtà da sempre l’universo femminile è stato fortemente penalizzato e costretto a reclamare e a strappare con le unghie e con i denti quella parità di trattamento che è riconosciuta dalla legge.
Soprattutto per quanto riguarda le attività dirigenziali e in generale i posti di lavoro che richiedono un’assunzione di responsabilità di un certo rilievo, le donne sono sempre state in netta minoranza: ottime casalinghe, operaie, cuoche o sarte, ma poco adatte a dirigere un’azienda, a rappresentare i cittadini in ambito politico e figuriamoci ad essere socie di un’avviata società.
Il Governo è stato persino costretto, il 28 Giugno del 2011, ad approvare la legge sulle quote di genere, definita da tutti “quote rosa”, ad indicare la vera natura della legge, che ha come obbiettivo quello di promuovere le donne. Con questa legge, che introduce la necessaria presenza femminile nei cda e nei collegi sindacali delle società quotate in borsa e partecipate pubbliche, si cerca, in modo più o meno efficace, di affrontare in Italia in modo diretto il problema della scarsissima presenza femminile nel mondo economico, soprattutto a livello apicale.
Eppure, vien da sé rendersi conto che non basta certo una legge ad eliminare una discriminazione durata secoli, e di certo una norma non si sostituisce a tutta una serie di aiuti concreti e incentivi che servono per assicurare alle donne un ruolo veramente attivo e partecipativo nel mondo del lavoro e in primis dell’imprenditoria.
In quest’ottica è importante sapere che il Ministero per lo Sviluppo Economico e i vari enti locali mettono a disposizione ogni anno fondi speciali attivando bandi per la nascita di imprese avviate da donne, in attuazione della Legge 215/1992, che di volta in volta si declinano a livello locale.
La legge 215/92, con l’intento di assecondare la nascita di nuove iniziative e la rilevazione ed il rilancio di attività preesistenti in settori quali il commercio, il turismo, l’artigianato, l’industria, la fornitura di servizi e la produzione di beni in agricoltura, si rivolge innanzitutto a:
- società di persone e cooperative formate da minimo il 60% di donne;
- società di capitali con almeno una percentuale pari a 2/3 di capitale-organi di amministrazione gestiti da donne;
- imprese individuali di proprietà di donne;
- enti atti a favorire-sviluppare consulenza manageriale e formazione imprenditoriale in nuclei composti almeno dal 70% da donne. Tra tali enti vanno inclusi centri di formazione, associazioni, società di promozione imprenditoriale ed imprese.
Per quanto riguarda le spese ammissibile, nel caso di nuove attività, acquisizione di attività preesistenti o realizzazione di progetti innovativi, vengono accettate spese per macchinari-attrezzature, impianti generali, acquisto brevetti, opere murarie, acquisto software, piani di impresa e studi di fattibilità. Con l’acquisizione di servizi reali vengono, invece, accettate spese per acquistare servizi erogati da: enti pubblici-privati con personalità giuridica, imprese-società presenti nel Registro delle Imprese e/o professionisti iscritti ad albi professionali.
Nello specifico poi, le agevolazioni consistono in contributi in conto capitale nei limiti massimi consentiti dalla normativa comunitaria in materia di aiuti di stato alle imprese in relazione alla localizzazione geografica.
Essenzialmente sono di tre tipologie:
- contributo a fondo perduto: Finanziamento a fondo perduto, di cui una parte del finanziamento sarà concesso a fondo perduto (senza obbligo di restituzione) e una parte a tasso agevolato dello 0,5% da restituire in 10 anni;
- credito d’imposta;
- finanziamento agevolato dello 0,5% da restituire in 10 anni.
Per l’accesso all’agevolazione o al finanziamento è necessario presentare domanda, indicando le informazioni principali sull’impresa e sul programma di investimento, fornendo l’attestato di iscrizione presso il registro delle imprese ed allegando certificazione atta a dimostrare il possesso dei locali dove esercitare l’attività e la relativa destinazione.
Le agevolazioni riconosciute all’imprenditoria femminile promuovono progetti con un investimento totale tra i € 60.000 e € 400.000. Sono corrisposte attraverso una somma di denaro che varia in base al luogo in cui l’impresa è ubicata. Le imprenditrici possono richiedere un finanziamento per il loro progetto manageriale in base alla regola “de minimis” che prevede un finanziamento massimo di € 100.000 in tre anni e un’agevolazione pari al 60% nelle aree svantaggiate o al 50% in aree non svantaggiate. Una volta ottenuta l’agevolazione di imprenditoria femminile, il proposito di investimenti deve essere realizzato entro 2 anni dalla data di concessione dell’agevolazione.
La maggior parte delle risorse destinate a questo mondo al femminile deriva dai fondi erogati dall’Unione Europea per progetti validi, di reale interesse ed innovativi.
Salve, vorrei informazioni su come richiedere una finanziamento per l’imprenditoria femminile, se cortesemente mi contattate al più presto.
Grazie.
Distinti saluti.
Desirè.
Salve. Sono una studentessa di 23 anni. Vorrei aprire , insieme ad un’altra mia amica, un tabacchi. Vorrei chiedere il finanziamento a fondo perduto per giovani imprenditrici femminili. Come posso fare ? Dove devo andare ? Vorrei ulteriori informazioni. Grazie
Buongiorno, sono disoccupata da 2 anni e ho un’idea che potrei concretizzare con questo, spero utile, incentivo. Vi chiedo cortesemente maggiori dettagli ed eventualmente dei link per approfondire le mie conoscenze a riguardo. Ringrazio e saluto. Silvia